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Ballet 422′: film documentario sulla danza nel cuore del NYCB e dalla mente di Justin Peck


Dal debutto (aprile 2014) alla prima mondiale, il 6 febbraio 2015, negli Stati Uniti d’America, va in scena Ballet 422, il film-documentario diretto da Jody Lee Lipes (per l’HBO, ‘Girls’, e arrangiamento del ‘NY Export: Opus Jazz’ di J. Robbins, 2010) su di un’idea chiave che suona un poco come: “Vi presento il New York City Ballet”, ovvero “Vi presento Justin Peck”, che ‘ci presenta’ la creazione di un balletto a partire dal dietro le quinte.

Questo lavoro esordisce al Tribeca Film Festival 2014 come “cinema d’osservazione” e suscita interesse e critiche. Si tratta certo di un focus sul giovane ballerino e coreografo fisso (2011-2012, poi 2014) del NYCB, di un film che documenti i retroscena di un lavoro coreografico, ma anche di un’opera cinematografica che ha una difficile compattezza narrativa (risulta meno “film” di genere, nonostante i tagli della pellicola alleggeriscano il concetto di “documentario” per intenditori). Incuriosisce forse proprio perchè la chiave di lettura non è quella del classico film da cui emerge il romantico aspetto che amiamo quando ci accostiamo al mondo della danza; si discosta verso un più attento senso della difficoltà della creatività ancora prima che essa diventi da uno scarabocchio su un taccuino a un passo; più tutto ciò che vi ruota attorno e che sul palco non si vedrà mai.

Non prevale ‘la finzione narrativa’, bensì, nello scrupoloso e calmo lavoro di Peck, il nesso intellettuale fra idea segno e movimento. Si registra con il suo tablet in una breve sequenza perchè lui stesso deve capire se la fisicità della danza coglie lo spunto mentale da cui tutto ha inizio.

Justin è molto giovane, a 25 anni gli viene chiesto di realizzare in poco tempo, impegnato anche nel ruolo di danzatore in un altro lavoro, la 422esima coreografia per una delle più importanti e conosciute compagnie di danza mondiali. I ballerini interpreti sono del NYCB come i tre protagonisti: Sterling Hytlin, Tiler Peck, Amar Ramasar. E ovviamente Justin Peck.

Il tempo è “reale”: si lavora alla realizzazione di Paz de La Jolla (2013), un balletto che evoca il calore della California (Peck viene da San Diego), trasformandolo in un calore interiore sensuale e gioioso: sabbia, mare, amore… La danza è fatta di movimenti vivaci, veloci (non tanto belli i costumi, che devono richiamare il costume da bagno!), di energia che si interseca con la struttura musicale. Eccentrico sicuramente, tuttavia premuroso, intelligente e, cosa che mi piace dello stile di Peck: la fantasia mira sempre al dettaglio, in maniera precisa ed esigente, con la calma della concentrazione.

Dunque Justin Peck sarà un coreografo sofisticato e ben definito nelle sue peculiarità, che non hanno lasciato lo stile Balanchine e Robbins, arricchitosi, negli anni, con il lavoro dei geni artistici come Wheeldon (primo coreografo residente dal 2001) oppure come per il conteso acquisto a New York, Ratmansky, con il quale si è subito avvertita l’aria di rinnovamento in quella tradizione così importante (ha creato due coreografie in esclusiva per il City Ballet).

Non tutto ciò è percepibile nel film. Tuttavia merita vederlo, perchè si sovrappongono più livelli narrativi proprio in assenza di una fluidità della narrazione stessa. Come nei giochi di luce che quasi diventa “antigravità” per incredibili ballerini, rapidi e prefezionisti interpreti, musicali, in continua inversione di ruoli alla ricerca di effetti speciali; così dalla palestra si arriva al teatro, attraverso tutta la quotidianità che nel “lavoro” del ballerino-coreografo, esiste come per ognuno di noi.

Dietro quei corpi ci sono personalità. Sicuramente quella di Justin Peck è al suo grande balzo in avanti, con un sorriso rubato da una fotocamera che violava forse delle intimità, per svelare i segreti del vissuto reale nel mondo della danza, attraverso un film-documentario diverso dal previsto: una linea sottile divide danza e vita. Spesso la prima è il ritmo della seconda.

http://youtu.be/2f-AvMve1NU

Stefania Sanlorenzo

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