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“Grazie Marghe, preferisco venirti a prendere io”. Rifiutai il passaggio in motorino. Sono consapevole che Margherita sia una freccia alata giudiziosa e ligia alle regole, ma guida un cinquantino e io ho una certa età!

“E poi abbiamo i bagagli… Non hai dimenticato l’ombrello vero?”

Lei ha tentato una spiegazione su spazio fra le gambe, predellino ecc… ma non ho sentito ragione. Ho preso l’auto e siamo andate all’aeroporto.

Poi ho presunto troppo e abbiamo affittato un’auto anche a Londra. Ci attendeva al nostro arrivo.

Dunque io ho la patente, lei no. Io parlo malissimo inglese, lei come l’italiano. Non so perché ma ci era parsa un’equa distribuzione delle risorse basic: Marghe comunicava e io guidavo.

Follia! Pura follia. Nella città dei taxi glamour e delle infinite linee metropolitane, dei bus con le file ordinate, noi due avevamo una city car!!!

“Secondo me, sei contromano”. Lo diceva senza enfasi alcuna, con quel suo bellissimo accento alla Pieraccioni, ma lo ripeteva come un mantra. Il che non era vero. Tenevo la sinistra: il vantaggio di guidare una macchina inglese è che è predisposta per la guida dal lato sbagliato; almeno questa era la mia filosofia, ma Marghe non sembrava convinta.

Ci hanno salvato le rotonde, perché gli inglesi non si innervosiscono, ti lasciano fare tutti i giri che vuoi. Basta non imboccarle, né uscirne, in contromano. Su questo sono piuttosto intransigenti.

“Sai chi mi sembri? Sir Frederick Ashton e il suo ‘Fred step'”, sbottò, felice che avessi parcheggiato.

“Ashton prende un motivo, ci gioca, e poi cambia le sue dinamiche. Imposta contro qualcosa di dissimile, lo gira dentro e fuori, lo estende e lo trasforma” (cit 200 4 NY Times).

“Insomma va contromano… come fai tu quando guidi qui!”, sentenziò Marghe dirigendosi decisa verso uno Starbucks Coffee.

Poi si ferma ed esegue uno “Fred Step”: posé en arabesque, fondu; coupé sur la pointe e développé en fondu (alle volte anche senza ‘fondu’), cambio direzione per un pas-de-bourrée et voilà un bel pas de chat! Non in slow motion, tutto in real time: uno due tre, développé quattro, cinque sei, sette-e-otto. Tutto verso sinistra, rientro a destra.

Intanto a Londra ognuno si fa i fatti propri, penso io.

“Mi spiego…” mi dice invece Marghe, ” la danza classica qui è diversa, sono diversi i nomi dei passi: c’è un’altra scuola!”.

E questo possiamo comprenderlo perché succede ovunque: in Danimarca, in Russia, in Francia, in America… “Ma i passi dovrebbero avere gli stessi nomi!!!” Impreca alla Pieraccioni-film, ma è entrata nel locale, ha ordinato in una lingua che sembra il linguaggio dei segni ma vocale e sono comparsi i nostri menù con i nomi sui bicchieri di cartone: Steph – Marga.

Quello è il tuo!”, le indico “Marga”, facendo attenzione perché gesticola mentre il piatto rotante non si ferma.

Qui c’è uno stile e una estetica che è stata strutturata proprio da autori come sir Ashton.” Mi scotto la lingua e lei prosegue implacabile: “Non ha solo composto balletti, che sono pietre preziose nella tiara delle composizioni coreutiche; ha proprio riformato il modo di danzare. English!”.

***

Certo con il mare di mezzo… cioè siamo in un’isola anche se non si vedono le sponde da parte a parte, vorremo mica contestare la nomenclatura dei passi o la tecnica?

Loro qui fanno così!

E ci credo fanno tutto diverso: ho le macchine che sfiorano il mio lato dell’auto e fa effetto brivido da ottovolante. Pensa Margherita. Va bene, ci stiamo; credete veramente che ci sentissimo spaesate? Eravamo prontissime.

“Che poi “, dice, “Hai notato come sono tecnici i danzatori di Sir Ashton? Ballerini stupendi, rimasti icone di stile, anche perché incarnavano profondamente l’eleganza sottilmente strampalata british… Tipo i completini pastello della regina o i suoi cappellini.”

Mai un eccesso, sempre tra le righe di cui loro hanno deciso la larghezza. Ci piace questa forma di libertà conquistata e istituzionalizzata.

Ci portano due fette di torta al rabarbaro e tartine salate e nei nostri occhi passa la golosità e il pentimento in un lampo in parallelo. “Asthon era un uomo molto spiritoso…” e così quadriamo il cerchio.

C’è un video del 1957 dove lui e Sir MacMillan interpretano le sorellastre “en travesti”, come nella foto con Robert Helpmann, scatto di Roger Wood. Anche in questo balletto lui ci ha messo la firma, la sequenza Fred Step.

“Credo che la usasse, non solo per strizzare l’occhio al pubblico, ma anche perché la dinamica del passo la rende piacevolmente applicabile a un sacco di musiche. E’ ben divisibile e anche rallentabile o velocizzabile, giocando con gli accenti è una panacea.”

Poteva essere un danzatore secondario, sullo sfondo… Non aveva importanza.

Cinderella e La fille mal gardée sono due fra i suoi balletti narrativi che esprimono la sintesi fra umorismo fantasioso e malinconica poesia, con una precisione essenziale nella ricerca dei passi.

Ma c’è tanto di più, ovviamente, i suoi anni più creativi vanno dal 1904 al 1988 e ricordiamo la collaborazione (1919-1991) con l’indimenticabile Margot Fonteyn.

“The bill, thank you”: noi riprendiamo il nostro viaggio gongolando.

A voi, un minuto ancora per Sir Frederick Ashton!

https://youtu.be/50vLKVqZmFs

Frederick Ashton, Kenneth MacMillan and Alexander Grant – Excerpts from ‘Cinderella’ (1957), questa è storia. Un quarto d’ora in bianco e nero un poco sfocato, ma che vale la pena: le “sorellastre” prendono lezioni di ballo. Quanto devono essersi divertiti!

 

(link ‘La fille mal gardée’: oggi – Marianela Nunez e Carlos Acosta).

M & S (Stefania Sanlorenzo e Margherita Mana)

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