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Quando parlai alla Marghe per la prima volta di “Coppélia”, il balletto, mi rispose di fretta e con poco entusiasmo: “Ah, sì! Okay…. Va bene!”
Il che non è molto perché non costituisce neanche l’inizio di una frase di senso compiuto. “Allora vediamo di dargli una bella lucidatura”.
Ecco questa frase arrivata con la stessa immediatezza degli altri mono o bisillabici suoni, voleva dire che potevamo anche tirare fuori dalla credenza quel reperto démodé e cercare con olio di gomito di levarne la patina che lo ricopriva. Di fatto la lucidatura prevede l’eliminare uno strato che incrostato sull’oggetto ne impedisce la naturale brillantezza del riflesso luminoso.

Straccio Carlo - Coppélia Straccio Carlo – Coppélia

Allora ‘Coppélia’ nasceva per essere un vivace balletto, persino in contrapposizione al drammatico seppur romantico ‘Giselle’…. Così scrissero. Su musiche di Leo Delibes, Parigi 1870, coreografia di Léon, un balletto in tre atti nei quali si svolge l’intreccio di tre personaggi più uno: Coppelius, Swanilda, Franz e Coppélia per l’appunto, minando fin dall’inizio il plausibile triangolo amoroso. Tutto in un’atmosfera di paese condita da danze piuttosto allegre: danza ungherese e ciarda, il famoso valzer e la mazurka, come nel finale il tripudio di balli, fino al pas de deux dei protagonisti Swanilda e Franz.

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“Ciao mi chiamo Swanilda, per le amiche #Swan.
Sono innamorata di un tipo che si chiama Franz, conosciuto in chat: tanti like, battute spiritose, tanti like, d’aspetto super fico, tanti like… Mi ha cuorata subito e io lo amo. Sto pensando di fare un profilo insieme. Mettere una bella foto in cui limoniamo e sopra una scritta SEMPLICEMENTE NOI.”

Eppure mentre lucido la mia anticaglia, il riflesso che lentamente compare mostra due occhi di smalto, fissi e inquietanti. Il “concetto di perturbante” si fa strada nella mia testa in modo maldestro e recupera più di una sovrapposizione: la bambola Coppélia e l’automa del romanzo dello scrittore spagnolo Zafòn, “Le luci di Settembre”, per esempio; poi Coppelius e Lazarus, quindi la magia, quella che il giocattolaio parigino crede di poter fare o quella che perseguita il secondo giocattolaio la cui anima nera sta rinchiusa in un’ampolla di vetro in un castello-fabbrica fra le nebbie di un paesino della Normandia… Una magia come scelta che ha un prezzo anche mischiata al senso del fantastico, che comunque nel balletto c’è quasi sempre (penso ai balletti soprattutto di repertorio e a quelli che mantengono un certo tipo di struttura narrativa).

Swan – “Mi sono accorta, però, che ora è sempre a stalkerare un profilo fake. DAI, si vede che è un profilo finto! Andiamo, mica sono nata ieri!!! Uno di quei profili di bambole super perfette senza un micino, un video buffo, una foto di un compleanno con le amiche. Certo anche tu #Franztantilike, quando vedi un paio di punte, non capisci più niente eh?!”
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Il balletto fu riscritto da Roland Petit (1975) e qualcosa di importante mutò a mio avviso, a cominciare dalla figura del giocattolaio oltre che alle atmosfere.

In alcune trascrizioni il personaggio, Coppelius, mantiene il fascino che il coreografo, interpretandolo lui stesso, voleva connotare a questo elegante signore in frac, ammaliato da un giovane e impossibile amore. Tuttavia talvolta decade in una figura un po’ dandy, per quanto nella lieve malinconia che trasmette, recuperi, ancora come un fugace riflesso, un po’ del fascino originario che Roland Petit aveva. Egli, vi ricordo un aneddoto, danzò il valzer con la bambola, perché la ballerina Zizi non poté interpretare il ruolo creato apposta per lei, essendosi gravemente infortunata.

Swan – “L’altro giorno, io e le mie amiche Ossipove, abbiamo forzato la password e siamo entrate nel dominio di Coppelius, che deve essere un parente di quella smorfiosa e/o sfigata fake, che poi si chiama Coppelia. Abbiamo trovato creature, virus, applicazioni in via di sviluppo (tipo I-ice che fa il ghiaccio, se ti fai male danzando, è comoda eh!!??).”

La trama originaria si ispira al racconto di Hoffmann: “L’uomo di sabbia”, personaggio spaventoso che cava gli occhi ai bambini ed è piena di rimandi anche lessicali, proprio inerenti la parola “occhi” (‘Augen’), tra l’altro e ai nomi dei personaggi… ma vi risparmio.

Swan – “Era on line anche #Franzucciotantilike. Credo che Coppelius gli stesse craccando il profilo. Scappa, tesoro!! Scappa! Io distraggo Coppelius e mi fingo la cretina/sfigata Coppelia.”

Tornando alla coreografia, essa è ricca di frizzanti variazioni e ‘ensemble’ retti da una musica che cambia sempre, rendendo pieno di brio un balletto su costrutto classico, con quel tocco da operetta che nulla toglie, anzi, sottolinea il virtuosismo e il tecnicismo dei passi richiesti.

Tecnicamente nella messinscena di Coppélia, nelle versioni dell’erede di Petit, Luigi Bonino, si rispecchia l’intento originario del maestro. Ci furono molte altre versioni. Forse perché potrebbero esserci molte chiavi di lettura che per me rimandano all’incipit: il mistero che si avvolge su se stesso nel credere o volere che ciò che è un automa (o una bambola) possa prendere vita per dare ciò che la giovinezza vera e semplice di due innamorati (Swanilda e Franz) hanno e si portano via.
“Perturbante” (si veda Ernst Jentsch, concetti base in psicologia-tesine studenti) introduce una incertezza che qui diventa, all’interno della stanza di Coppelius, la chiave di lettura fra ciò che è vivo e ciò che è animato e l’inganno (la bambola priva di vestiti, Franz ubriaco, Swanilda che danza, facendosi credere Coppélia); vi cito il testo da cui ho tratto il concetto e la mia sovrapposizione un bel poco azzardata con il libro del 1995 di Zafòn: “un oggetto evidentemente animato è veramente vivo oppure no; o, al contrario, […] un oggetto inanimato potrebbe essere in qualche modo dotato di vita autonoma” […]?

Swan – “Siamo fuori, siamo vivi, siamo salvi… E ANCORA DANZIAMO INSIEME. Una passatina di antivirus e via.”

Mentre nel riflesso guardiamo noi stesse, la Marghe e io, pensiamo che tutta questa storia parli di sguardi e di occhi che non ricambiano occhiate perché sono vuoti. Vuoti come un profilo, se non lo riempiamo di… SEMPLICEMENTE NOI.

Interrompo la lucidatura.

Il caso ha voluto che la produzione di Coppélia del Maestro Bigonzetti non potesse realizzarsi al Teatro Alla Scala, nella programmazione 2016; quindi non ho un aiuto per le mani.
Ora sarebbe servito l’ironico e dissacratorio contributo della Marghe, ma lei che fa? Scendendo dal treno prende una considerevole storta, su cui lavora per una intera giornata di danza, con conseguente effetto: “Stef? Ho una caviglia gonfia come un pompelmo!!!”.

Lasciamo stare così….

Stefania Sanlorenzo e Margherita Mana

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