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Molte sono le cose piacevoli del nostro lavoro di blogger, tra queste c’è sicuramente il fatto di avere l’opportunità di conoscere ed intervistare Artisti che hanno davvero qualcosa da dire in questo momento di ‘caos’ del settore coreutico. Fabio Crestale è sicuramente uno di questi Artisti che vorresti avere in questi casi sempre a portata di telefono.

Tra una chiacchierata sui suoi presenti lavori e una ‘bacchettata’ a chi il ‘caos’ contribuisce a crearlo, noi di iodanzo.com abbiamo passato un po’ di tempo con il coreografo de I Funamboli nonché docente e direttore della sezione di danza contemporanea del Conservatorio di Meudon (Francia), nomina arrivata grazie al suggerimento dell’etoile Isabelle Ciaravola.

Come mai dopo le esperienze come danzatore hai scelto di rimanere a Parigi?
Esigenze di lavoro a parte Parigi è una città che mi corrisponde molto. È molto malinconica e artisticamente ti puoi sviluppare veramente tanto. Certo non è facile: sono dieci anni che vivo qui e ci ho messo 3/4 anni per introdurmi bene, è stato molto difficile all’inizio. Qui però gli artisti sono tutelati, c’è uno statuto che è unico in Europa.
Inoltre è una città che mi ispira molto artisticamente. Non è semplice avere un contratto all’Operà ma ora sono riuscito ad averlo entrando nel corpo di ballo delle opere liriche. Poi ho la Compagnia (IFunamboli. ndr), i miei progetti, la docenza presso il Conservatorio di Meudon… Far parte del corpo di ballo delle opere liriche mi occupa molto meno tempo che non lavorare in Compagnia dalla mattina alla sera, quindi lavorando su produzioni che non sono sempre in attivo ho lo spazio per fare altre cose. Parigi mi ispira e mi permette tutto questo.

A chi ti ispiri come coreografo?
Come coreografo all’inizio a Mats Ek, tantissimo, poi ha iniziato a colpirmi maggiormente Forsythe. Ora guardo molto a tutte le Compagnie di coreografi come Emanuel Gat, Sidi Larbi e Hofesh Shechter. Questi per me sono i coreografi che sono rimasti e questa è l’evoluzione della danza.
È diversa rispetto a quella dei coreografi del ‘900, è vero, ma sono dei grandi per quanto mi riguarda e mi ritrovo di più nella loro contemporaneità, quindi mi ispiro molto a loro anche se nella mia Compagnia IFunamboli, in ogni progetto, c’è sempre una vena poetica più che contemporanea. Il mio non è un contemporaneo asettico, non è un lavoro di puro stile che rispecchia quello che ci può essere ora all’ultimo grido.

Cosa deve aspettarsi il pubblico che osserva le tue coreografie?
C’è sempre una storia dietro, ma non sempre è definita. Anche adesso che sto facendo un lavoro con Vladimir Derevianko vedrete un progetto simile… mi piace lavorare su progetti a cui ognuno può dare un’interpretazione; lascio che la gente si faccia un suo ‘film’ perché comunque sono sempre molto poetici i lavori che faccio e le musiche che utilizzo. Quello che mi piace è che il pubblico si immedesimi nella coreografia.

Quali sono gli artisti con i quali ami lavorare?
A me piace lavorare con persone come Vladimir Derevianko, per citarne uno dato che stiamo anche lavorando insieme in questo momento. Artisti che hanno esperienze e un background, anche dovuto all’età, spaventoso, ma che lavorano senza mai lamentarsi, senza mai farti sentire la loro stanchezza; persone che hanno rispetto del tuo lavoro e che pur essendo già dei ‘grandi’ vanno avanti a testa bassa su quello che proponi loro.
Penso che i giovani d’oggi debbano apprendere questo modo di rapportarsi alla danza mentre riscontro a volte poca pazienza e attitudine a lamentarsi.
Per quanto riguarda la mia Compagnia lavoro su progetti quindi anche i danzatori hanno età variabili: alcuni sono miei colleghi dell’Operà – età tra i 25 e i 40 più o meno-, e qui dipende da quando sono liberi loro che non è cosa semplice, oppure danzatori che hanno dai 25 anni in su perché il mio lavoro non è adatto ad un giovanissimo. Ho bisogno che mi diano la loro artisticità, non solo il lato tecnico (che comunque è importante) essendo lavori molto poetici.

In questo periodo si è scatenata una polemica piuttosto accesa riguardante il nutrito numero di concorsi di danza. Cosa ne pensi?
A mio parere oggi ci sono troppi concorsi e troppi stage. Ora tutti creano stage, tutti fanno i concorsi, non c’è più qualità e stiamo arrivando ad una saturazione della danza; ce ne sono talmente tanti e ti propongono gente che non sai neanche da dove sia saltata fuori che la confusione è inevitabile. In Italia tutti sono coreografi, ballerini e insegnanti, non c’è più divisione delle cose nè rispetto per il lato artistico. La gente lascia fare e non comprende la qualità e nemmeno l’importanza del percorso artistico di una persona

Un’altra problematica che abbiamo notato è la totale mancanza di distinzione tra danza contemporanea e modern
Si, in Italia non c’è una vera conoscenza del contemporaneo. Si è sviluppato dal modern jazz, poi dal modern e adesso lo chiamano contemporaneo ma c’è una bella differenza. L’insegnante che sbaglia categoria di inserimento nella categoria per noi professionisti è assurdo! Non sanno fare il proprio lavoro.
Adesso si chiama tutto ‘contemporaneo’, che, per carità, ha sotto tante ali, ma la gente deve saper riconoscere gli stili. Il problema degli insegnanti è che c’è una non preparazione di base. Ci vorrebbero stage per insegnanti non per allievi… io lo propongo spesso! Ci vorrebbero corsi di aggiornamento come in Francia, ci vuole gente che sappia quello che fa, che abbia studiato il corpo e la pedagogia.
Nessuno può insegnarti a coreografare. Per insegnare e coreografare bisogna aver ballato, avere un certo estro. ‘Coreografare’ non significa far dei passi, a far quello siamo tutti capaci, ma è sviluppare un’idea. Matz Ek ad esempio ha un suo codice ma è la genialità di creare contesti diversi a farne la magia.

A che progetto stai lavorando ora?
Sto montando un lavoro con Vladimir Derevianko che debutterà il 17 giugno al 2017. Lo ripeto: è un’esperienza incredibile, con ballerino instancabile con un vissuto incredibile.
Nel 2018 ci sarà anche la prima del mio nuovo spettacolo con IFunamboli in Francia

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