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di Ector Falormo

Questa settimana il nostro ospite ha immaginato per noi una festa danzante in cui eroine dai piedi agili e occhi fascinosi si muovono con grazia.
Marghe&Stef

Mia nonna si chiamava Velia ed era una donna che non ballava. Il suo nome proveniva dai romanzi rosa di Liala, che sua madre leggeva tra una polenta e l’altra, in un tempo dove il lavoro nei campi e quello domestico coinvolgevano l’intera settimana. Le sue sorelle portavano anch’esse nomi da avventuriere da libri d’appendice, si chiamavano Siria e Agave; le protagoniste di queste storie romantiche e passionali avevano sempre un grande ballo al quale partecipare e, come ogni favola che si rispetti, donavano al loro cavaliere danzante la bellezza e la grazia delle loro languide movenze. Tra esplosioni di sguardi innamorati, magnifici colli e volti splendenti dal divertimento e dalla musica (che rapisce e fa sentire il cuore come un’invenzione originale), le fantastiche donne occupavano lo spazio mondano come se fosse un’Arcadia ritrovata.


Mia nonna Velia, figlia di sua madre e di questi racconti romantici, non ballava. Alta poco più di un nano, tozza come il pane, aveva però meravigliosi occhi danzanti. Tesi, quasi simili a muscoli, suppliva alle tensioni plastiche del movimento con sguardi intensi. Parlare con lei equivaleva a ballare insieme a lei, una danza senza musica, un silenzio rumoroso.

Ector Falormo:
Nasce allo stesso modo di molti uomini, ha scritto e quando non scriverà più, probabilmente starà leggendo. Potete trovarlo digitando il suo nome su google, potete farcela.

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