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Ieri sera ho partecipato alla realizzazione di un saggio, in realtà davo una mano intrattenendo delle tenerissime bimbe. Non era una cosa organizzata da me, non da me realizzata o pensata; ero lì solo in qualità di amica che sa di cosa si sta parlando e quindi pronta ad affrontare problemi al volo. L’ho raccontato alla Stef.
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E ci siamo accorte che parlando di “saggi” non si finisce mai di fare nuove e vecchie scoperte. Mentre Marghe faceva la maratona del ‘suo’ saggio giù in Toscana, io assistevo alla prova generale del saggio di un’amica, in Piemonte. Insomma lei era allo stadio successivo di questa che comincio a pensare essere ‘una Metamorfosi’. Sono due momenti diversi ma ne esci ‘sfatta’ comunque.
Il primo evento normalmente è già tutto in Teatro e inizia così: si provano finale, entrate e posizioni in scena; si prende coscienza dell’entità palcoscenico, perché non è la palestra o la sala studio, non c’è lo specchio; le luci gli odori e i rumori sono tutti diversi, e anche se destra e sinistra rimangono tali, benché ti ruotino di 360 gradi, si rischia di non mantenere questa naturale e fisica percezione: un poco come quella canzone, “Questa macchina qua devi metterla là, ecc…”. Se ti pareva che le cose non funzionassero alla “Prova Generale” (dove stavo io, dunque), qui è peggio. Ma è anche normale. Ricapitoliamo: finale, entrate, posizioni, panico.
Luci, video, suoni. Saluti, fiori. Poi si parte dall’inizio e vai con il tutto filato. E il SAGGIO inizia dopo, sia chiaro! Marghe si è sparata tutto questo. E mi ha parlato due giorni dopo, ma io avevo già visto su Facebook, perciò capivo il suo silenzio.

ph: by Mario Mana

ph: by Mario Mana

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Badavo a fanciulline piccolissime in prossimità dalla scena, nella maniera più responsabile e silenziosa possibile. Impresa ardua che avrebbe fatto sudare un titano addestrato dalla CIA; stiamo parlando di bimbe dai quattro ai sei anni, eccitate e lontano dal controllo dei genitori, in compagnia di coetanee.
Pondero la possibilità di fare un’assicurazione sulla vita al volo. Esserini dall’aspetto tiracoccole (l’equivalente di un micino che lecca la panna dalla testolina di un neonato che ci fa l’occhiolino e ci propone un caffè su Fb!!! Milioni di like, sicuro). Se siete minimamente ansiose svenite subito senza preamboli, non date loro alcuno spago!
Piccole ballerine, senza nessuna esperienza di niente.
Incrociano i piedi in una “quinta al contrario” e ti chiedono se va bene. Congegni pronti all’esplosione di forcine eiettate da capelli d’angelo biondi e sottili, che non stanno su neanche con due tonnellate di lacca mescolate al gel per capelli afro.
Coroncine con i fiori, che sistemi in bolla per mezz’ora, abbondante e mentre ti giri a riprodurre il tuo capolavoro ingegneristico, la prima che avevi già dato per buona la ritrovi in vita come cintura. Storta.

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E notare – “Scusa, Marghe, se mi inserisco” – che dove stavo io, in questo continuum temporale sfalsato di un altro saggio, già avevamo visto che i tutù si staccavano, le gonnelline ruotavano e così i grembiulini che stavano un poco sul fianco un poco dietro… le parrucche riducevano esseri umani in creature mutaforma; ed era assolutamente evidente CHI NON AVESSE PRESO IL VALIUM. Comunque tutte le criticità sono state evidenziate, insieme ai consigli (le mutandine, le canottiere della nonna, il trucco, i capelli, collanine, orecchini…) e tutto insomma, compreso il costume di scena, doveva essere pronto per venire trasferito a Teatro il giorno del Saggio, che verrà. Vi siete ritrovati? Perché ora torno là da lei, che qui ho finito.
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Certo sono venute vestite da casa, avrebbero potuto resistere un microsecondo in meno senza quella tunichetta rosa? Giammai! Dopo pranzo pronte e via a saltare sul divano dovesse passar di lì un Sigfrido pronto a danzare con loro. O un Minipony, quasi uguale.
“Lo sai che al saggio non si mettono le mutande?” Mi chiede una piccina. Certo non si mettono quelle normali, ma le calze e le mutandine di scena sì (pare evidente l’immensità galattica del fatto!)
“Mia mamma me ne ha messe un paio carne”. Me la butta lì giusto per farmi sapere che è tutto sotto controllo, lì sotto, anzi a proposito, deve proprio andare in bagno. Beh lì da sole non le posso lasciare; quindi TUTTE in bagno. A cinque minuti dall’inizio ovviamente.wp_ss_20160614_0004
Ripristinato un ordine di flusso delle acque che l’emozione ha scombussolato, le piccine si apprestano a seguire eccitate le performance delle altre ballerine, che hanno certo più pratica, ma non il loro stile nell’allacciarsi le mezze-punte, con quell’incredibile effetto a corna di lumaca degli elastici intorno al piedino minuscolo. Metri di lacci per un numero che sarà il 28? Sicuro, per dar modo di perdere meglio la scarpetta in scena e far venire una bella crisi isterica alla maestra e alla sua allieva preferita, che cadrà cercando di calciarla via dal palco. (La scarpa non l’insegnante per carità!)
Questo non è successo, ma avrebbe potuto tranquillamente.
Comunque tutto ha inizio e il direttore di scena passa a dare il: “CHI E’ DI SCENA”.
Mi guardano, scuotono il capino e mi comunicano che loro “sono” di paesi limitrofi non certo di ‘Scena’.wp_ss_20160614_0001

Io ero esattamente come loro, pestifera e danzerina.
“Lo sei ancora, Marghe, non ti preoccupare! Lo sei ancora!!!”, e coraggio maestre: le coreografie le avete provate a lezione; ci saranno piccoli errori, qualche svarione, ma credete, è proprio l’INSIEME che conta, dietro le quinte e in scena.

Godetevi lo spettacolo!!! Questo è un segreto, ma ve lo diciamo lo stesso.

 

‘Marghe e Stef’ (Margherita Mana e Stefania Sanlorenzo)

pic di copertina by MargheMana (foto delle piccole ballerine del Sanca Ballet, grazie!)

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