fbpx


Il 24 marzo 2015 a Torino, presso il Teatro Stabile Astra, lo Spellbound Contemporary Ballet ha  riproposto in scena uno degli ultimi lavori di massimo richiamo della Compagnia, il cui perno creativo è il coreografo Mauro Astolfi dal 1994.

Lost for Words. L’invasione della parole vuote.

Dal 2000 il coreografo ha cominciato a firmare lavori di forte impatto e di riscontrato successo, anche mediatico. Nel 2006 con “Duende” e “Carmina Burana”, che continua a essere rappresentato oggi in moltissimi teatri, raggiunge quel climax che in “Lost for words”, vuole ricreare ancora.

Nei lavori di Astolfi ci sono molti livelli interpretativi: la danza contemporanea, il rigore tecnico, il senso del movimento, il ritmo dato da gesto e musica. Ma ogni pulsazione induce un’emozione richiamando dalla sfera visiva (quasi tattile) a quella intellettiva (i pensieri si confondo) e poi immaginifica (la danza come arte). Lo strumento è il corpo, accompagnato dalla musica e dalle ombre, nel susseguirsi di luce e buio, spot caldo o freddo, fumo… il vero o il visionario?

Nella recente messa in scena a Torino ero in prima fila e il mio corpo era teso ai movimenti dei ballerini, interpreti tecnicamente curati, rigorosi e molto incisivi.

Chi mi accompagnava era quasi sconcertato dalla musicalità talvolta troppo martellante, e dalle entrate e uscite di scena dei danzatori: uno, tre, due, poi insieme e di nuovo isolati, attorcigliati,  o spezzati, lasciandoti in attesa di quegli attimi di abbandono come un bisogno d’aria, di luce, di vita; chi era con me, dicevo, si domandava da subito il messaggio narrativo.

Ora spesso nella danza contemporanea non c’è la necessità di una storia.

La danza d’autore segue il filo dei pensieri del coreografo, ciò che lui sente nella musica ed esprime attraverso il movimento. In un tema poi come questo, incentrato sull’afasia della parola… significherebbe che la comunicazione è proprio interrotta. Le parole ci invadono mente e corpo, ci schiacciano (tutt’al più “fanno rumore”, direbbe Gianni Rodari), ma non dicono nulla, fino all’alienazione più totale.

Allora si abbandona il sistema dalla parola per recuperarne un altro: il movimento continuo. Non vuol dire fluido, vuole dire che è incessante, privo di vuoti, invade lo SPAZIO (dimensione visiva), in evoluzione senza tregua. Sconfigge il TEMPO (dimensione intellettiva) e permette alla danza di raggiungere l’incontro (dimensione immaginifica) risvegliando il contatto nella sfera umana.

Dunque non c’è un racconto ma un susseguirsi di movimenti, contatti, bruschi distacchi, che devono sostituire ciò che è andato perso: il senso della comunicazione orale. La parola ha invaso il mondo e l’uomo ne è frastornato, confuso, tediato; ha paura forse. Forse non comprende, ma deve uscire dal suo isolamento o muore.

Quando la mente cede, il corpo reagisce e si muove nel vuoto delle parole.

https://youtu.be/30I_wqPCerU

Stefania Sanlorenzo

Related Posts