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Quella gustosissima mela rossa nel buio…

“Biancaneve” è una fiaba complessa, anche nella versione disneyana; nella nostra riflessione sul brano coreografico il rimando sarà più alla trascrizione dei fratelli Grimm, così vuole il balletto.
Io, la prima volta, la vidi in quel genere di animazione al Cinema, da bambina, con mio fratello più piccolo. Egli decise di avere un’impellente necessità fisiologica proprio quando arrivava la STREGA. Eh, si sa… la mamma è una! Mi rassicurò che non mi sarebbe successo nulla e uscì dalla sala, lasciandomi al buio e ai fotogrammi.
Se “nulla” è una orribile strega, frutto delle peggiori fantasie dei bambini e una bella principessa che muore, cioè ditemi voi che cosa dovrebbe fare paura a una bimba di 5 anni in quella situazione? Oggi magari sono più furbe di me allora, non so.
Comunque sono qui, sono sopravvissuta, aveva ragione la mamma; però, quella MELA… bella, rossa, lucida, caramellata e soprattutto AVVELENATA mi è rimasta per traverso. Anche a Biancaneve, ma lei ha trovato il Principe e, ammesso che sia stata una fortuna, perché il dopo non te lo fanno vedere apposta, lui l’ha svegliata, e andava fatto, poveretta! Con un bacio, che poi magari non è male, ma ci avrei pensato qualche annetto più tardi.
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Nel 2008 in TEATRO ha debuttato il balletto “BIANCANEVE” NELLA SCRITTURA COREOGRAFICA DI ANGELIN PRELJOCAJ.

La FAVOLA/FIABA che diventa balletto è un classico, tuttavia questa specifica e questo coreografo sono due elementi da valutare sempre con estrema cura.
Il LINGUAGGIO di Preljocaj è assolutamente unico, non necessita una decodifica se decidi che lui si esprima così come vede sente percepisce il movimento e quanto vi ruota attorno tra il narrativo e l’astratto, fra il classico e il contemporaneo, fra la tecnica rigidissima e la concettosità intellettuale.

La musica è di Gustav Mahler, la Compagnia (fondata nel 1984) che la portò in scena era costituita da circa 24/26 danzatori, fin dalla prima volta (per la Biennale Danza di Lione, con successo giustamente premiato), danzatori adatti all’indole versatile del coreografo fondatore.

Anche in questo titolo, tecnicamente si richiede assoluta precisione e consapevolezza di esecuzione, ma la dimensione contemporanea fa sì che il fiabesco sia sentito tale. Non si perde il senso romantico nelle variazioni fra il Principe e Biancaneve, non si svilisce la soavità della fanciulla, ma si colora di noir l’insieme. Attraverso i costumi (dello stilista Gaultier), le luci, le scene e le trasfigurazioni.
La matrigna non è solo crudele e gelosa ma sensuale; lo specchio è proprio l’oggetto magico delle fiabe, ciò che rivela l’”io” più vero e profondo, ma nascosto. Inconsapevoli o meno, le ricerche di noi nel confronto con ciò che temiamo di essere o di dover diventare.
Non amo particolarmente le riletture freudiane: rapporto madre/figlia o matrigna/figliastra…. la crisi dell’avanzare degli anni e dello sfiorire della bellezza di fronte allo sbocciare di quella della giovane. Il sapere e il temere per Biancaneve stessa, che diventare grandi abbia un prezzo… Ma credo che nelle fiabe l’umanità che c’è in ciascuno di noi possa ‘trasfigurarsi’: lo specchio è particolare come l’entrata in scena dei NANI; e quella semplice MELA che viene consapevolmente offerta a Biancaneve sono segnali scenici di rilievo poi concettuale.

Guardiamo il frutto, per esempio? No! Io guardo il diverso modo di protendersi fisicamente delle due interpreti verso di esso: il braccio e la mano della strega, i suoi occhi fissi e vividi e invece in Biancaneve quel languido dondolare verso il dono/destino a occhi chiusi. Attratta e rapita da se stessa.

Perché è la danza che guardo in un balletto.
La danza dunque nella preziosità della scelta musicale, altra caratteristica dei lavori di Preljocaj, che esalta l’umanità reale, vera, contemporanea nel suo essere quale è, quale potrebbe scegliere di essere o non essere… quale è portata a diventare o a mostrare per accettare o negare.

L’uomo e la donna sono fatti di positività e negatività, sono il frutto dell’equilibrio tra vizi e virtù o pregi e difetti, fra speranze e illusioni, realtà o fantastico.
Il passo danzato tutto esalta e rende possibile: nella perfezione il movimento, nel sentire il racconto.
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Halloween è passato da poco fra mele caramellate e costumi, danza delle streghe e fiabeschi richiami, fra le solite storie del pagano e del religioso, del celtico e dell’anglosassone…. Marghe e io eravamo stese a letto, sicuramente prese da eufemisticamente “Piccoli Brividi” influenzali. Un #maledettovirus ci ha stroncate.

A Torino, per Torinodanza Festival, è andato in scena Preljocaj, con estratti da balletti, coreografie da serata intera anche agli antipodi fra loro, come Annonciation e Snow White (di cui si è visto il passo a due finale).

Sia quel che sia me le sono perse questa volta qui. E così, causa anche l’essere febbricitante mi sono inoltrata nel bosco a recuperare quella mela famosa, rossa e invitante, emersa poi stasera in questo sovrapporsi di pensieri.

Nel bosco non ci sono andata da sola, eh! C’era la Marghe, sia chiaro, perché vatti a fidare dei #Principiazzurri oggi!!!

Stefania Sanlorenzo e Margherita Mana

(ph: JC Carbonne, thanks!)

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