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di Eleonora Gorgoretti

Una mattinata all’insegna della danza contemporanea quella di domenica 4 Marzo 2018, quando si è svolto, presso il Foyer del teatro dell’Opera di Roma, il secondo appuntamento con “I coreografi, i ballerini e noi”. L’incontro, tenuto dalla giornalista e critica di danza Leonetta Bentivoglio, era propedeutico alla visione del trittico neoclassico “Kylián, Inger, Forsythe”, che andrà in scena dal 15 al 21 Marzo al Teatro dell’Opera di Roma. L’intento di questo incontro era di far avvicinare il pubblico a tre grandi coreografie di danza contemporanea che, a differenza dei balletti classici, non hanno una vera e propria trama alle spalle ed hanno quindi bisogno di una maggiore conoscenza di base: Petite Mort di Jirí Kylián, Artifact Suite di William Forsythe e Walking Mad di Johan Inger.

L’incontro è iniziato con l’analisi di Petit Mort, balletto su musiche di Mozart, creato su commissione del Festival di Salisburgo nel secondo centenario della morte del musicista (1991). Il nucleo centrale della coreografia di Kylian è sicuramente la coppia, la ricerca reciproca tra uomo e donna che si svolge attraverso momenti evocativi e passaggi allusivi, attraverso entrate e uscite da una serie di gruppi di insieme. Come spiega Leonetta Bentivogio, il balletto di Kylian ha base classica, ma è contemporaneo nella scioltezza dei passi, nella mancanza di orpelli, nella semplicità delle linee, “è una coreografia che procede per chiaroscuri, è un ventaglio di emozioni”. A supporto delle parole della giornalista – oltre a spezzoni di video e alla dimostrazione dei ballerini del corpo di ballo del teatro dell’Opera, Virginia Giovanetti e Alessandro Casà, che hanno danzato il passo a due della prima sezione – è intervenuta Cora Bos-Kroese, danzatrice del Nederlands Dans Theater sulla quale Kylian ha coreografato per la prima volta Petit Mort. Cora ha risposto alle domande della giornalista, parlando del balletto come coratterizzato dall’ispirazione dalla musica, come una serie di passi che hanno base classica ma che al contempo lasciano grande libertà ai ballerini.

La seconda coreografia affrontata durante la mattinata è stata quella di William Forsythe, Artifact Suite, un estratto del balletto più lungo Artifact. Balletto diviso in due parti: nella prima si alternano solo due coppie, nella seconda invece interviene il corpo di ballo. All’incontro non ha potuto partecipare, a causa delle prove dello spettacolo, Noah Gelber, danzatore del Balletto di Francoforte, che avrebbe raccontato i segreti della coreografia e dello stile di Forsythe. La sua voce è stata sostituita da quella della giornalista stessa, che ha definito i fondamenti teorici dello stile del coreografo newyorkese molto complessi e, riportando le parole di Forsythe, ha raccontato che egli ha strutturato il suo metodo di composizione sul classico e sulle teorie dei corpi nello spazio, facendo sulla danza un lavoro molto concettuale. Come spiega la Bentivoglio: “Forsythe è un artista contemporaneo che attinge dall’antica arte sulle punte, per poi mostrarci un classico spigoloso, depurato da tutte le “frivolezze” del balletto classico. Comunica ansia “artefatta”. Rabbia e azzardo. È una sfida continua al senso dell’equilibrio. Il fattore rischio è il motore del balletto”.

L’ultima coreografia presentata è stata Walking Mad di Johan Inger. All’incontro ha preso parte Carl Inger, fratello del coreografo, che ha rimontato il balletto per il Teatro dell’Opera. Il balletto di Inger è stato creato nel 2001 sul Bolero di Ravel, musica sulla quale Johan aveva già deciso di costruire il suo pezzo perché, come ha spiegato Carl, “gli piaceva e lo ispirava”. L’elemento centrale di Walking Mad è il muro, che, come sottolinea Carl, ognuno può interpretare come meglio crede: muro fisico, relazionale o psicologico. L’unica linea fissa del balletto è rappresentata dalla successione delle tre donne sulla scena, che possono essere immaginate come la stessa donna in tre fasi diverse della propria vita, o come tre donne diverse nello stesso momento: la prima è una giovane che gioisce della vita ma che è ancora alle prime esperienze; la seconda vuole uscire da una relazione che non va bene per lei, mentre la terza è arrivata a un certo punto della vita in cui non vuole avere più niente, si sente al sicuro e c’è un uomo che invece la incoraggia ad affrontare nuovi mondi e a fare nuove esperienze. Anche questo, come spiega ancora Carl, è un pezzo che parla della coppia, ma che a differenza di Petit Mort e di Artifact Suite presenta una buona dose di “sense of humor”.

La mattinata si è conclusa con la visione in anteprima del video di promozione dello spettacolo, con le riprese di alcuni momenti tratti dalle prove dei danzatori e l’intervista ad Alessio Rezza, uno dei ballerini che prenderà parte al trittico “Kylián, Inger, Forsythe”.

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