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di Massimiliano Craus

Pierrot saluta Tersicore e rimanda il suo pubblico ai prossimi appuntamenti. A chiusura di sipario, il Teatro Orione di Roma ha salutato i nuovissimi talenti emersi nell’ambito dei lavori di questa XIII edizione del Pierrot Danza con i vari Gloria Bandinelli (Accademia Nazionale di Roma e Teatro Alla Scala di Milano), Dasa Grgic (Teatro Stabile Sloveno di Trieste, Atelier de Paris di Carolyn Carlson e Nikolais Tecnique Teacher Certificate Program), Elena Viti (Accademia Nazionale di Danza di Roma ed Università degli Studi di Roma “La Sapienza”), Francesca Corazzo (Accademia Nazionale di Danza di Roma), Ricky Bonavita (Accademia Nazionale di Danza di Roma e direttore artistico di “Excursus”), Gemma Iuliano (regista) e Massimiliano Zaganelli (videomaker) impegnati nella nuovissima sezione di video-danza. Cominciando con il repertorio classico con Camilla D’Angelo (Accademia Nazionale di Danza) in “La fille mal gardèe” di Jean Dauberval, Maria Iovinella (AND) in “The Fairy doll” di Joseph Hassreiter e Lisa Tumini (AND) in “Tchaikovsky Pas de deux” George Balanchine. Per quanto concerne il repertorio contemporaneo si sono imposti all’attenzione di critica e pubblico i vari Catrina Ivie Edo Ihaza (Cygniarades) in “The map of my fears”, Clarissa Vicoli (VIP Danza) “In her Clothes” di Diletta Nannicini, Daniele Pio Esposito (AND) in “Alchimist” di Francesca Rapicano e Jasmine Pili (NiMa Dance Group) in “Rotary” di Nicola Marino. Per quanto concerne i repertorio modern e contemporaneo si sono distinti Annachiara e Federica Maresca (AND) in “L’Io e l’Es” di Francesca Rapicano e Gaia Tamagnini con Eleonora Nobili (Cygniarades) in “Maria di Magdala” di Manuele Gobbi. I solisti del modern sono invece Giada Macali  (NiMa Dance Group) con “Rosso” di Nicola Marino, Simona Mosca (Laborart) in “Silent is gold” di Francesca Rapicano e Fabienne Fioravanti (Cantiere Danza) in “Body love” di Simone Vacante. Tra i gruppi invece si sono segnalati le coreografie “Le mie amiche onde” (Ladididanza) di Giulia Salerni, Aaja Allen in “Nati per volare” di Greta Furzi e Floriana Galieti (Centro Culturale Danza), “L’Hymen (Noce Villagenoise)” (Nuova Arte) di Camilla Di Maio ed “Energy” ancora di Giulia Salerni. Tornando alla danza classici nei pas de deux e nei gruppi si sono distinti Beatrice De Iulio e Denissia Gologan (AND) nel “Pizzicato” tratta dal Balletto “Sylvia” di Louis Merante mentre nelle composizioni coreografiche ricordiamo i titoli “Dem beats” di Laura Aggio (CST Danza), “Princeless-level up” di Tamara Tagliaferri (CST Danza), “This must be the place” di Valentina Jalala (Scarpette Rosse), “SottoSopra” di Diletta Nannicini (VIP Danza).

Nomi e cognomi che scorrono accanto a quelli del vincitore del premio della critica, Simone Vacante, che con la sua coreografia “Mi chiamo Anna” ha portato il nome di “Cantiere Danza” di Amelia, cittadina della provincia di Terni, sul piedistallo della critica presente al Pierrot Danza 2019.

E proprio il coreografo ci racconta la genesi del suo titolo e le sue stesse impressioni: “Mi chiamo Anna” nasce dalle emozioni suscitate dall’ascolto di un monologo di Paola Cortellesi sul quale ho costruito la coreografia. Ho unito al monologo una traccia musicale, “The Way” di Zack Hemsey, che a mio parere aiuta a sottolineare il ritmo emotivo delle parole dell’attrice e a concentrare l’attenzione del pubblico sul messaggio del brano. Il  monologo parla di famiglia, ma una famiglia intesa come pura dimora dell’amore e non esclusivamente vista come quella che oggi viene definita “famiglia tradizionale”. Partendo da qui i movimenti coreografici riportano all’individualità di ciascuno di noi e vanno man mano ad unire, emotivamente e fisicamente, avvicinandosi l’un l’altro per condividere e non per sovrastare; per dare e ricevere amore ma sempre mantenendo la propria interezza. Nei miei lavori mi piace toccare temi attuali ma soprattutto toccare il cuore e l’anima degli spettatori, ma in particolare modo degli interpreti della coreografia. Penso che la maggior parte dei coreografi attualmente tenda ad omologarsi e a volersi “definire”, si vuole dare un  nome a tutto in questa società. Io invece credo che la danza sia solo danza e nella danza bisogna mettere se stessi!

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