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“Fusion&Confusion”
A un certo punto capita a tutti. Non avete voi un’amica che vi chiede entusiasta se non vi andrebbe di andare al ristorante “giapponese fusion brasiliano”?
NO! CERTO CHE NON VI VA!? In genere queste mescolanze sono frutti di amori proibiti. Un brasiliano fa un viaggio in Giappone, si innamora di una hostess e il figlio di quest’amore, non solo confuso linguisticamente ma anche gastronomicamente, da grande farà lo chef, aprendo orizzonti e frontiere del gusto e alimentando la vostra personale confusione sulle cose del mondo.

sushi
Certo, perché da Aristotele in poi, abbiamo quest’ossessiva esigenza di classificare tutto. A Stagira tutto dannatamente in ordine: “Aristotelino, se non metti a posto la tunica nel cassetto delle tuniche, lo dico a tuo padre quando torna dall’Agorà!”
Nella danza ugualissimo.
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“Ecco. Lo so che adesso comincerà a mancarmi il fiato. Perché voi credete, ma la Marghe è implacabile, solo che vi confonde prima con contorsionismi mentali che rendono tutto credibile. Ma no, no!” Infatti…
Peccato che non siano ancora chiare neanche le categorie stilistiche e le tecniche tradizionali.
“Diciamo almeno una cosa, riferita alla musica, banale eh! Per FUSION si intenderebbe la contaminazione di genere rock, jazz e funk, in modo da ottenere poi una orecchiabilità pop che piace, eh a chi frega che mi perdo un poco di jazz, cammin facendo? Ma non ci si ferma qui!!!”
Anche perché nella danza, per dirla tutta, capita che chi fa jazz, spesso lo chiami modern, chi fa modern creda di far contemporaneo, chi fa contemporaneo si chiede se qualcuno ha compreso cosa stia facendo e medita di scrivere che fa jazz: così per chiudere il cerchio… “e non cercarsi grane, aggiungerei. Perché uno potrebbe anche fregarsene poi, o no? No! Perché cavillano. Cavillano tutti: chi sa, chi non sa; chi si inventa di tutto e ci crede, chi rigidamente pensa di avere il ‘verbum’… “domanda e offerta” impazziscono. Io generalmente, abituata a studiare secondo il barbosissimo ma utile modello aristotelico succitato, potrei andare nel pallone. Il che poi non frega proprio a nessuno dei suddetti soggetti.”
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Proseguendo “into the jungle”, c’è la selva della street dance. Non vorremmo addentrarci; ci perderemmo subito e ci vorrebbe google maps poi per uscirne, (io e la Stef non sapremmo fare neanche un “YOBRO!” decente). Va detto che anche gli addetti ai lavori alimentano caos aggiungendo aggettivi a vanvera, ma poi, pensandoci, essendo un settore in espansione, se ci sono tante parole per descrivere ciò che si fa, mi piace. Tipo: Hip hop popping without locking, but with many frozen in the middle. Ecco, NON SI PUO’ SBAGLIARE!!
L’unica cosa che si salva in chiarezza di intenti è la danza del ventre. IO PENSAVO!??! E invece no.
L’anno scorso ho visto pezzi coreografati di danza del ventre intrecciata con la dance line country. Praticamente figliole in jeans e camiciola a scacchi che muovono i fianchi come odalische. Disorientamento geografico, lieve capogiro. Chiedo lumi e una di loro mi dice che sono di un paesino della Brianza. Sto peggio.
Ma sì, ma sì, ma sono io. Siamo noi, Stef, che siamo ancora lì a cercare di spiegare le categorie in base alla storia della danza. Antiche!
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E’ giusta questa mescolanza, questa contaminazione che dà la possibilità del massimo dell’espressione della conoscenza di culture diverse (ciò che in genere passa per il cibo oggi passa anche per la danza).

about Alexander Ekman

about Alexander Ekman

“Io ho problemi digestivi… Forse è sindrome influenzale. Non sono sicura. Ho avuto tre influenze che si chiamano Alberto Stefano e Valerio. Perciò so come sia facile cadere in confusione. E io la percepisco, Marghe, datata o meno… la sento!!!”
Suvvia, nella coreografia c’è da almeno vent’anni, appunto per l’esigenza di arricchire linguaggi e modalità espressive.
“Lo capisco, ma c’è un’evoluzione e uno studio annesso. L’arte rientra nella cultura non nel settore gastronomico, in cui la varietà di prodotti gioca sicuramente a favore di una sana alimentazione (si spera). Se chi insegna chiama i corsi con fantasia poi, per quella legge della domanda e dell’offerta, ciò che ti chiederanno all’iscrizione madri e figlie agguerrite sarà #magicabula?”
Okay Stef, prendi il maalox e andiamo; oggi facciamo classico con una spruzzata di charleston
e uno zig di can-can. Ma MODERN però!!!

Margherita Mana e Stefania Sanlorenzo

 

ph. “Happy BDay” by Jiri Kyliàn, pic: Joris-Jan-Bos

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