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Io sono qui piuttosto ipnotizzata. La Stef mette a posto il suo armadio e io cerco di spiegarvi come lavora la testa di Billy, mentre compone Steptext.
Va detto che c’è un antefatto, che in questo caso si chiama Artifact, anzi per la verità più di uno, perché si tratta di un lavoro full lenght del 1984… e noi ci adderall xr occuperemo della Seconda Parte, più o meno. Dunque cominciamo da prima ancora; cominciamo dalla composizione. Domanda: Come faccio a legare qualcosa che è fatto di elementi diversi cioè lo spazio, il movimento, la musica, le pause, i corpi e l’umanità in un unico contenitore? E, ammesso io possa, come lo guido verso un significato che non necessariamente lo porti alla narrazione, ma più semplicemente a un senso?
Orribilmente facile e meravigliosamente difficile.
Alchemicamente, come solo mastro Forsythe può fare (ha potuto fare), prende:
La musica stupenda e densa di pathos come ‘Chacconne’ di Bach, suonata da un violino espressivo ma severo (in verità proprio per il II atto); allora aveva una pianista di prova con grande talento per l’improvvisazione sui pezzi classici: Eva Crossman-Hecht, che fece la differenza per le trascrizioni future. Continuando…
I corpi di 4 danzatori (salto a ‘Steptext’ perché di ‘Artifact’ vi dirò dopo)
Il contatto tra i corpi in un linguaggio rigoroso ma estremizzato
Lo spazio che si modifica con lo spostamento di un pannello
E le pause, cioè il tempo. Quei silenzi che rompono e permettono al resto di sganciarsi e di filtrare scarni stralci degli altri elementi rimasti.
Steptext è un prodigioso esercizio compositivo, perché a nostro avviso sono così chiaramente suddivisi gli elementi usati, ma nello stesso tempo sapientemente miscelati.

“A mio modesto avviso, Marghe, è una tortura”, dice la Stef, con una mano sui reni. E’ reduce da un pesante trasloco e mettere ordine nel guardaroba le sta infliggendo il colpo di grazia. Pensare che era partita bene, eh! Comunque, non si riferisce alla coreografia, intendevo delucidarvi e rassicurarvi.

Che cosa succede nel brano?

No, non ho intenzione di raccontarvi ciò che in realtà è irraccontabile perché vive nel tempo e nello spazio, non avrei comunque possibilità di farlo; ma volendo ugualmente darvi una descrizione molto sommaria mi limito a dirvi che ci sono 4 corpi che escono ed entrano da una struttura elastica come un bubble gum.
SPOILER ALERT: una donna con una tuta intera rossa e 3 uomini in nero, danzano duetti che necessitano di grosso affiatamento e brillanti soluzioni, creando un filo fatto di attenzione e suspense phentermine diet pills che viene spezzato, allungato o sospeso volontariamente. Non so spiegarvelo meglio.
La coreografia è la stessa di ‘Artifact’ , se non sono completamente rimbecillita,  nelle varie versioni presentate negli anni. Queste sono state non solo il prototipo (certo, anche Billy prova, eh! Solo che anche gli esperimenti sono fantastici) bensì la riprova che la coreografia, se spostata in un altro contesto, seppur con la stessa musica può dare suggestioni diverse. Questa non segue un testo appunto, ma diventa testo, una lingua che cambia significato a seconda di come e dove è pronunciata.

Sylvie Guillem, pic: Marco Borrelli, 2013

Sylvie Guillem, pic: Marco Borrelli, 2013

“Cerco di dire che si tratta di un mondo ordinato, ma gli elementi che lo compongono nel rigore della tecnica dei passi di danza, sono come i calzini, le mutande, le magliette, i golf, i leggings e le gonne…. che ho le grucce, i cassetti e i ripiani e anche delle scatole di misure e forme diverse, oltre all’armadio a tre ante a doppia stagione come contenitore. Ho contenitore, quindi, contenuto (multiforme, ma universale) e uno schema compositivo di stratificazione del tutto: uso lo spazio, e lo scompongo in geometrie lineari e scandisco una temporalità anche spaziale: alto/basso come prima e dopo”.  Stef parla, fissandomi.

Ora noi occupiamo una stanza, lei in piedi e io seduta a terra con PC e video in pausa… perché commentavo e guardavo e viceversa e mugugnavo e, va bene, Stef faceva le sue pile ordinate, ma sentiva. Per forza, si stava lavorando a un pezzo, noi due. Facciamo mica per finta. Diciamo che abbiamo un nostro modo… Non divaghiamo che è già difficile così!
***
L’armadio di Stef adesso è pieno. Vedo tutti gli elementi, ma ritrovarli in un ordine che abbia forma e funzionalità rappresenta la riuscita compositiva. Vedere dentro con un’anta chiusa e intuire cosa c’è dietro a quel pezzo di legno che occlude la vista, sapere che quella disposizione non è eterna ma evolverà a seconda di chi ci metterà le mani, ( le gambe e la testa), per me rimane uno dei misteri più affascinati del mondo creato.

“Io vi invito a vedere i due video… perché sono sicura che la metafora dell’armadio l’abbiate colta, ma per la percezione della composizione, bisogna vedere quello che stavamo guardando noi due. Allora https://health-e-child.org/buy-modvigil-online/ forse le parole scritte troveranno la corrispondenza con i passi eseguiti. Forsythe, difficile parlare di lui, esamina i passi della danza classica nella tecnica pura e virtuosistica (non elude da essa) e poi come se li riprendesse uno a uno, li compone in schemi o modelli, per ripeterli in imitazioni e repliche o scomporli e disperderli. In Artifact con 30 elementi è pazzesco, in Steptext il tutto si concentra e si esalta nei 4 danzatori”.

Sì, è un poco come dice la Stef. E’ un bel po’ complesso per la verità. Perciò, giusto, guardate i video…. Poi ne riparleremo.

Margherita Mana e Stefania Sanlorenzo

pic copertina: Angela Sterling

 

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