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Intervista a Pompea Santoro

Torino, 09/09/2015 – presso sede dell’Eko Dance International Project

 

Chi è Pompea Santoro oggi?

Pompea Santoro è sicuramente una delle donne che hanno inciso il loro nome nel mondo della danza. Di lei conosciamo i dati biografici che la vedono iniziare gli studi a Torino, partire a 16 anni per la Svezia e legare al Cullberg Ballet 25 anni della sua vita, quando sul piatto della bilancia c’era anche l’Accademia del Teatro La Scala di Milano.

Eppure la vita è fatta di scelte e di parentesi.

Il Cullberg è stata una di queste, anche se immensa e assolutamente pregnante. Sotto la direzione di Birgit Cullberg e poi di suo figlio Mats Ek, coreografo emerito di fama mondiale.

Tutta una vita?

Certo che no! L’esistenza ha molte parentesi; in qualche modo uno può programmarle, nel senso che le apre e le chiude, ma ciò che rimane è ciò che accade mentre lo facciamo: ogni giornata è nuova e spesso casuale.

Le parentesi di Pompea Santoro sono una come (danzatrice), una come (moglie e madre), una come (insegnante) e, proiezione nel futuro, una come (direttrice artistica di qualche Compagnia di balletto per il mondo).

Oggi Pompea si sente quello che voleva diventare fin da bambina: una insegnante di danza e si capisce benissimo da come si pone che è quello che le piace fare. Il progetto che andava realizzato.

La danza è stata piacere e divertimento (oltre che fatica e impegno totalitario), ma adesso c’è la passione forte e intensa di trasmetterla agli altri.

 

Che cosa vuole trasmettere ai suoi allievi e come vuole farlo?

Nel ruolo che si è scelta vuole preparare alla danza.

Chi?

Ogni anno l’età dei suoi allievi è scesa, tipo: 16, 12, 4 anni… e per lei questo è un bene perché le viene più semplice impostarli “a modo proprio”.

Perché se danzare è stato ciò che si è trovata a fare, l’insegnamento è l’espressione della sua volontà di oggi, già in potenza negli anni anche da ballerina.

Perché?

Pompea sentiva istintivamente di poter intervenire nella messa in atto di un passo, di un ensemble come di una coreografia completa e complessa. Aveva 30 anni, che è l’età della maturità artistica piena, e lo stesso Mats ha percepito in questa ballerina di punta delle sue creazioni, la voglia pura di spiegare. Perché sapeva “di più”, vedeva “al di là” di tanti altri.

Pompea ha un innato talento per la regia. E le piace tantissimo. E tutto considerato, insegnamento e regia sono le due facce di una stessa medaglia o i due modi di esprimere una decisa idea, la sua.

Occorre insegnare la TECNICA E LA CULTURA ARTISTICA, perché i ballerini devono essere pronti alle richieste dei direttori di oggi, dove tutto è cambiato. Cambia il pensiero e cambia il modo di esprimersi. I ragazzi devono studiare ma anche ascoltare. Uscire da una rigidità fisica e mentale. Aprirsi alla “contemporaneità”.

Alla domanda diretta comunque, Pompea Santoro, non ha dubbi: “Io insegno danza classica”, risponde.

Già ma io le chiedo in che modo, insisto un poco. “In quello che conosco, attraverso l’insegnamento di Mats Ek”.

E vi posso assicurare che questo è il cardine intorno al quale ruotano i suoi pensieri e i suoi progetti. Ed è esattamente ciò che possiamo aspettarci da lei, che è l’unica in Italia e proprio qui a Torino (ma ovviamente si sposta) ad avere le competenze e l’animo per farlo.

 

Come spiegherebbe Mats Ek a me? Come lo fa con i suoi allievi e quando in ballo ci sono professionisti del calibro di Roberto Bolle (per citarne uno vicino nel tempo: ‘Giselle’ al San Carlo di Napoli, 2010)?

Spiegare Ek a dei professionisti è sicuramente il compito più difficile: devi farli cambiare modo di pensare. Sono impostati e bisogna superare la forma nel sentire la danza. Farlo con i giovani è molto stimolante.

“Io sono convinta che Mats possa diventare una vera e propria ‘tecnica’, come per la Graham, che lui stesso ha studiato. Ecco vorrei poterlo insegnare così.”

La tecnica classica è maniacale, è logica pura, perché “esiste la perfezione” che va cercando. La si può vedere, è vero. Come esiste il talento essenziale e unico. Per molti irraggiungibile, ma si tratta di un percorso di crescita che con un buon insegnante tutti possono fare. Tutti possono raggiungere il proprio grado di perfezione. Nella danza classica può diventare un’ossessione. Chi ha talento punta sempre più in alto; chi non ha doti fisiche non deve arrendersi perché il movimento non ha perfezione. Non può averla. Esso muta con il pensiero. Devi sentirlo, però devi cercare l’emozione in te. Alla tecnica classica si può accostare (si dovrebbe) la tecnica Ek, per la danza contemporanea che ti insegna a muoversi. Questo è ciò che le preme far capire agli allievi che si accostano all’Eko, il prima possibile: tecnica e movimento.

Mi inserisco e le chiedo che cosa sia il grounding

“Il peso!” Non nel senso di essere ‘pesanti’, nel senso che tutto ciò che si muove lo fa in presenza della gravità che è una forza. Dunque la si vince con un’altra forza. Ci si avvicina al basso, piedi saldi a terra, non importa se le ginocchia sono piegate. Si alza dalla sedia, Pompea, e si mette nella precisa posizione di Sylvie Guillem in ‘Bye’.

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Si tratta di come si percepisce lo spazio e come lo si usa nel movimento.

-Ek _ ‘Bye’ (Sylvie Guillem: ‘Life in Progress’)

 

Predilige insegnare o andare in scena?

Non ha dubbi: insegnare! Insegna la tecnica classica per il CONTROLLO del corpo, per disciplinare l’uso delle singole parti del corpo.

Vi inserisce Mats per il senso del movimento e per il pensiero; perché è la sua personalità a prevalere. Quella “visione” che diventa creatività. La creatività è l’altro piano della danza come arte.

Tecnica e Creatività.

Pompea non farebbe mai la coreografa. Odia essere definita tale. La coreografia presuppone la creatività fisica e mentale. Lei si sente un’ottima “ASSISTENTE”.

Ecco perché ama il ruolo da regista. Le piace la visione d’insieme, quella che comprende tutto: classico, contemporaneo, repertorio (Petipa) e la musica.

 

Non pensa che la danza contemporanea sia difficile da definire? Io credo che sia legata ai coreografi…

“In effetti, bisogna seguire lo stile del coreografo”. Per questo bisogna imparare a essere duttili. Superare le rigidità quando la tecnica sia consolidata. Perché è a quel punto che danzare diventa una scelta di espressione. La danza contemporanea permette questo. E non è un ripiego. E’ una scelta chiara e sentita. Una cosa è la tecnica, un’altra lo stile (ci sono diversi stili, anche nel classico), e poi ci sono i modi di esprimersi attraverso la tecnica, che si studia teoricamente. Bisogna offrire delle risposte, quando insegni danza.

Poi, tornando al contemporaneo, ci tiene a sottolineare, di non creare confusione con il teatro-danza che è fisicità basata sull’improvvisazione, sull’immaginazione sciolta.

Non è così la danza contemporanea. Non per lei o per Mats… A lui piace che vengano usati estratti dei suoi balletti. C’è un “accordo” fra loro.

 

Visto che torniamo a lui, coreografo emerito, genio, visionario danzatore… mi piacerebbe un dettaglio preciso.

Mats è molto minuzioso. La ricerca del movimento procede per gradi, niente è lasciato al caso.

“Se ti dicono… fai una carezza, per esempio…” E lei lo fa, davanti a me. Di nuovo in piedi e spiega: “Il movimento della mano da giù a su, il tempo che impiega, dove inizia e dove finisce, l’intensità, la forma stessa della mano che si muove… intanto lo sguardo, la posizione delle spalle…” Pompea è mutevole. E seguirla non è semplice, eppure tutto torna. Non abbiamo rispettato l’ordine delle domande, ma non ne ha saltata una. E non le conosceva in anticipo.

 

Pompea è Giselle, Carmen o Aurora?

Le chiedo così al volo. Magari riesco anche io a superare certi limiti. Sono stati tutti ruoli che l’hanno fatta crescere. Io insisto: oggi? Chi sarebbe oggi?

Carmen”: forte nella sua fragilità (‘Power Fragile’, vi anticipo un lavoro dell’Eko per la nuova stagione 2015-2016. A Torino, 6-7 maggio 2016, alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani).

“Sono stata Giselle”, che rappresenta un poco il vissuto, quel passato su cui ciascuno di noi ha conosciuto se stesso. In qualche modo è stata Aurora… ribelle, istintiva, perduta? No! Ha seguito la strada giusta. Tutti personaggi comunque risolutivi.

 

Qualche anticipazione?

‘Non solo Carmen’ per la stagione 2015-2016 alla Lavanderia a Vapore, sede del BTT (Balletto Teatro di Torino, direzione artistica di Loredana Furno).

‘La forza fragile’ per la stagione PalcoscenicoDanza (‘Fragile Power’ e ‘Made 4 You’).

Ha riproposto un estratto da ‘Il Lago, fra sogno e realtà’, in Piazza Castello a Torino, proprio in Settembre, dimostrando che la sua passione va oltre strette regole e si apre a tutti per divulgare la danza e il pensiero che vi sta dietro. Tutto è emozione.

Li aspetta poi un viaggio a Malta. Hanno un buon programma; hanno voglia di fare.

“Tutto ha un suo tempo”, dice quasi soprappensiero.

 

C’è qualche progetto nell’aria?

“L’Eko Dance International Project è l’associazione, vorrei una Compagnia, ma non come tante.

L’Eko Dance Studio Company, qualcosa del genere… uniamo il concetto dello studio a quello della compagnia di balletto”…

Qui si studia innanzitutto. E si può farlo, divertendosi. Questo non esclude la fatica, sia chiaro, ma l’atmosfera è proprio piacevole e Pompea sa come parlare ai ragazzi. Ho assistito a una simpatica lezione estiva, nella quale la sbarra era eseguita su musiche pop, quelle che i giovani (e non solo loro) ascoltano dalle cuffie nelle orecchie, per rendere l’idea.

 

Una domanda personale posso farla? La sua famiglia… Come è riuscita a conciliare queste due realtà?

“Ho chiuso e riaperto un’altra parentesi. Essere ballerina è un lavoro a tempo pieno. Essere madre anche. Una ballerina deve pensare solo a se stessa…”

Sinceramente Pompea ha distinto i ruoli della sua vita. Come nella danza. Perché vive tutto con una forte intensità.

Io l’ho percepita. E’ difficile vedere il mondo così, vivere in modo così multiforme… Devi essere Pompea Santoro.

https://youtu.be/IxZfbcPYPmA

(link: Pompea Santoro in M……’Carmen di Mats Ek’, ruolo creato appositamente per lei!)

 

Stefania Sanlorenzo

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