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Il coreografo freelance, Matteo Levaggi, la cui capacità di stupire non manca mai, ha realizzato ‘B. Cat’, pezzo inserito all’interno della rassegna “Coreografie d’Autore”, nel Trittico Levaggi-Longo-Pogliani andato in scena recentemente (1 novembre 2015 presso Teatro Ai Colli, PD), per il progetto OFFBEAT.lab, Padova Danza 2015, che coinvolgeva i danzatori del Corso di Perfezionamento Professionale (direttrice Gabriella Furlan Malvezzi).

Per il Portale Iodanzo (www.iodanzo.com), e non solo, si è parlato di lui in occasione di importanti eventi e coreografie già pezzi cult.

Da diversi anni ormai ha raggiunto una sua personale visione della danza, sia dal punto di vista tecnico, che tende sempre alla forza delle capacità individuali dei danzatori come all’energia dell’insieme; sia dal punto di vista espressivo e quindi del movimento in senso puro. Su questa linea Matteo Levaggi si è spinto molto avanti in quest’ultimo periodo di grande fertilità creativa.

Presto ospite anche a Milano Danza Expo 2015, avrete modo di vederlo da vicino e partecipare a masterclass di danza.

Sulla specificità tecnica del passo Levaggi innesta una sua fantasia. 

Difficile trovare tratti comuni nei diversi lavori, piuttosto si percepisce una sensibilità particolare; una spinta emotiva del coreografo a esprimere ciò che sente attraverso il gesto.

Tratto tipico della danza contemporanea, ma lui non è tipo da stereotipi. Usa le punte come i piedi nudi, usa il nudo come costume, usa l’oggetto scenico come rimando o richiamo, e certamente si contestualizza nell’oggi, perché è il mondo che lo circonda.

Tuttavia ha un mondo artistico che tutto muta o stravolge o intensifica. Oppure trasforma in un legame variabile fra mente e corpo, contenuti solo dallo spazio che circonda i ballerini.

Lì si inscrive la dinamica di ciò che il movimento esprime (non in senso narrativo… propriamente non racconta una storia, una vicenda o dei fatti. Manifesta delle sensazioni, del sentire, delle emozioni, dei rimandi.).

Il passo può essere eco di un suono per esempio.

“B. Cat” è coreografato sulla musica degli Art Zoyd (gruppo in attività dal 1969) e indubbiamente qualche bella movenza felina c’è negli scatti, nello slancio e in una certa sensualità. In contrasto con gli altri due pezzi, Levaggi mostra ancora il suo talento nel dare ciò che possiamo comprendere e nello scomporre ciò che vuole venga inseguito.

Lo spazio è la sua dimensione, nella luce soffusa, (i gatti si muovono meglio nell’ombra) le linee si spezzano nel passo che già è mutato in una presa, in un salto, in una caduta a terra. Così come il singolo si muove, quando il gruppo ha già sostituito l’attenzione dello spettatore.

Levaggi mantiene il suo stile.

Non ama essere definito ‘neoclassico’ perché usa le punte su movimento contemporaneo. ‘Post-neoclassico’ è un poco nuovo come termine e diacronicamente potrebbe essere corretto. Credo però che su di una competenza tecnica classica, dotata di energia e controllo, egli lavori secondo l’estro del momento.

E qui… Levaggi gioca come farebbe un gatto con il topo.

Ph: ballerino Emilio Barone (pic: Mario Sguotti)

Stefania Sanlorenzo

 

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