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Caterina Rago, coreografa e danzatrice calabrese residente a New York da circa 10 anni ha lanciato un corso accademico da lei organizzato che partirà a settembre e finirà a luglio 2017. Docenti americani di altissimo livello insegneranno a Roma, nella sede dell’Accademia Nazionale di Danza, i metodi Graham, Limon e Horton. iodanzo.com li intervisterà per voi un poco alla volta così da presentarveli in modo più completo.

Ogni modulo durerà tre giorni, nel weekend, per un totale di 18 ore. Un progetto ambizioso e nuovo che nasce dal desiderio di sviluppare e approfondire la TECNICA della danza moderna nelle sue declinazioni più importanti e dalla volontà di Caterina Rago di rendere sistematico un percorso di formazione, che fino ad ora svolge lei in tutta Italia, tramite workshop o laboratori molto brevi e che ha invece bisogno di sedimentarsi, per diventare davvero utile per chi studia danza. Non mancheranno borse di studio e selezioni di allievi più meritevoli nel corso dell’Anno Accademico.
Ma parliamone direttamente con lei.

Lei viene da esperienze di vita professionale in ambito della danza che l’hanno portata ad essere un’artista qualificata e motivata da una spinta personale indiscutibilmente forte. Sicuramente il segno degli studi in America, l’impronta della Compagnia di Martha Graham e poi la ripresa in Italia con Fontano e Piperno, che sono stati pionieri nel nostro Paese, hanno connotato le sue caratteristiche. Nonostante le molteplici esperienze, ha optato poi per una propria Compagnia e fatto notare già la profonda differenza fra l’estero e l’Italia. La danza è un lavoro. Punto. Che poi la motrice sia di una grande passione e dedizione ciò non la rende un hobby.
Pensa che in Italia si stia maturando un’apertura alla danza fuori dagli stereotipi accademici del repertorio? Intendiamo però in entrambi i sensi: il pubblico fruitore e chi lavora in questo settore, nei vari ambiti (ballerini, coreografi, direttori artistici). E’ questo che l’ha motivata verso un progetto di tale importanza?
Sento che c’è bisogno di un cambiamento. Dobbiamo maturare non “un’apertura alla danza” bensì un’apertura verso noi stessi e gli altri. La danza non è un linguaggio estraneo. Noi corrispondiamo esattamente ad esso. Siamo sempre pronti ai cambiamenti, in qualsiasi istante ma possiamo evolvere quando abbiamo dei punti di riferimento. La tecnica rappresenta le fondamenta, senza le quali non possiamo guardare avanti. E’ il vocabolario che ci permette di comunicare e sopra il quale possiamo indossare diversi abiti e colori. È il linguaggio che ci permette di arrivare dentro noi stessi e negli altri. Il resto non basta. ‘Tecniche di danza moderna’ parte dalle fondamenta per guardare avanti e lo sappiamo bene che nella danza quando il movimento viene lavorato nei due opposti si riesce a divenire. Il mio Progetto si spoglia di tanti strati per arrivare alla sorgente centrale per poter comunicare con chiarezza ed eleganza. Un ritorno alla disciplina, al rigore e al rispetto per la danza senza il quale non potrebbe essere Arte.

Ritiene che nell’ambito contemporaneo, adesso ci sia maggiore attenzione al “movimento” come espressione della propria personalità? Attenzione ad un sentire unico e collettivo, di un approccio alla complessità della vita, lasciando spazio a “nuove idee”, a diverse forme di creatività, che non si esprimano però solo in ambito sperimentale, ma nello studio e quindi nelle scuole?
La tecnica ci permette di esprimerci rivelando la complessità e la bellezza di noi esseri umani. I movimenti sono degli specchi che riflettono un sentire interiore. Riusciamo a tuffarci dentro noi stessi e cogliere le straordinarie sfaccettature del nostro labirinto interiore. Non ci sono limiti, non esistono; attraverso il movimento abbiamo il privilegio di arrivare in una realtà che non ha confini. Possiamo essere e sentirci liberi. Penso però che stiamo perdendo qualcosa, abbiamo un approccio confusionario, vedo un release fisico e mentale nei confronti della danza. La tecnica non è piu al servizio dell’espressività e questo “nuovo” approccio al movimento, da ovunque esso venga generato e proiettato, non è comunicativo, sufficiente o completo. È un linguaggio non chiaro, non necessario, semplicemente non vero.

A livello soprattutto di studio c’è ancora molta rigidità rispetto all’apprendimento delle tecniche, come quella della Graham, e ancor più se pensiamo a un Josè Limon. Abbiamo insegnanti qualificati per le nuove generazioni? E, nella proposta coreografica, ritiene che il pubblico italiano sia più consapevole del cambiamento in atto?
La tecnica è un codice universale! Nel Graham, come nel Limon e nel balletto, utilizziamo controspinte per generare movimento. Se comprendiamo da dove ha origine il movimento non può esserci limite di apprendimento. Di insegnanti oggi ce ne sono tanti… mi piacerebbe che ci fossero più Maestri per le nuove generazioni, Maestri di vita.

Ritiene che una buona formazione classica sia necessaria, almeno come base, allo studio della danza moderna? Anche in modo parallelo e complementare. O si può, oggi come oggi, studiare direttamente “moderno”?
Lo studio della danza classica è indispensabile, è un pilastro. Intraprendere la strada del danzatore senza conoscere la danza classica significherebbe correre prima di saper camminare. Questo non significa che la tecnica moderna non formi un danzatore. Le tecniche di danza moderna vestono il danzatore da testa a piedi, richiedono maturità fisica e soprattutto mentale. Oggi non si può studiare direttamente il “moderno” perché il moderno che intendiamo oggi non appartiene ad una tecnica. Invito ad una formazione che viaggia in modo parallelo e complementare per il ballerino classico e il danzatore contemporaneo.

Lei che cosa desidera trasmettere ai danzatori che stanno facendo un percorso formativo?
Mi piacerebbe diffondere il senso del rispetto: bisogna avere rispetto verso se stessi e verso la danza, che in quanto arte, deve essere contemplata in silenzio. I rumori appartengono alla vita di tutti i giorni, non a quest’arte, né a chi la insegna, né a chi l’apprende. Il lavoro con il corpo è un lavoro interno, minuzioso, che con il tempo si riveste dei colori dell’anima. Nel percorso di formazione bisogna custodire la propria essenza perché il movimento è verità e non può essere tale se non lo siamo con noi stessi. D’altronde siamo esseri unici, inimitabili.

Martha Graham ha attraversato un secolo, la sua Compagnia ha resistito e ora oltre al repertorio porta coreografie di coreografi contemporanei importanti… In Italia ci sono stati lavori paralleli e abbiamo riscontrato che a volte si ha difficoltà a lavorare secondo i parametri di questa tecnica: soprattutto coordinare movimento e respirazione. Dunque, è motivata a introdurre uno studio più metodico delle tecniche di danza moderna?
Movimento è respirazione e respirazione è movimento. Se non conosciamo le tecniche di danza moderna su cosa fondiamo la conoscenza e quindi lo studio della danza moderna? Non esistono altre tecniche, non possiamo formarci con la danza moderna che intendiamo oggi. I danzatori sono quelli che si distinguono anche per strada quando camminano: magnetici, forti ed eleganti… oggi di questi danzatori se ne vedono pochi perchè manca il training. Lo studio di tali tecniche è necessario per costruire il corpo dei danzatori. Una volta costruito, possiamo sbizzarrirci e “decostruirci”.

Si rispecchia nello spirito di Martha Graham? La sua danza è unica oltre che pionieristica. Da narrativa ad antinarrativa il movimento è il mezzo puro dell’espressività, prima della ricerca del senso del bello, oltre il senso specifico della tecnica, che però è difficilissima per ballerini classici già formati ma che non l’abbiano mai sperimentata.
Martha Graham è stata geniale per la sua complessità e semplicità. Spesso ci soffermiamo sul patrimonio che ci ha lasciato e ci dimentichiamo come lo ha fatto e il perché lo ha fatto. Il suo spirito pionieristico ci ha rivelato il paesaggio interiore della sua anima rivelandoci chi era senza aver paura di cadere al pavimento e svuotarsi davanti gli occhi del mondo. Con tanta onestà le dico che oggi sono “sola”, perché ho scelto un percorso vero, autentico, camminando spesso al contrario, perché ascolto la mia voce interiore. Ci vuole coraggio. La strada è lunga per arrivare dentro se stessi ma l’uscita dal labirinto è un esplosione spirituale. Sono autentica: on stage come nella vita. Questo è pionieristico! Grazie al linguaggio Grahamiano ho imparato a parlare dall’interno. Attraverso il mio vocabolario svelo le parti più vulnerabili degli uomini illuminando il buio. È questo il nostro compito… luce.

Questo progetto è mirato esclusivamente verso chi già lavora in ambito danza?
‘Tecniche di Danza Moderna’ e’ rivolto a studenti e danzatori con una buona conoscenza della danza moderna. È un progetto mirato a chi lavora nel settore della danza ma sarà l’inizio di un percorso che scuoterà le coscienze di ogni individuo. Oggi viviamo in un secolo in cui si fa fatica a comunicare a dialogare, le cose più belle e semplici non ci sono più. Abbiamo perso il controllo. Il mio compito è quello di creare delle opportunità di studio ma soprattutto dare la possibilità attraverso quest’arte, di guardare e seguire una direzione più chiara, più luminosa. La danza ci illustra il mondo. La danza avviene attraverso lo strumento con il quale la vita viene vissuta. Tutto questo ha un senso ed ha un grande valore. Nella vita come nel danza, dobbiamo mantenere saldi dei punti di riferimento. Oggi stiamo degenerando in tutti i sensi, abbiamo perso le nostre origini come individui e dunque come artisti. La danza come qualsiasi forma d’arte ci invita ad aprire gli occhi nel bene e nel male. ‘Tecniche di Danza Moderna’ ci spinge verso un percorso di qualità chiaro, un programma che ci educa alla danza fisicamente e mentalmente. È un progetto importante per tutti noi, un vero e proprio cambiamento.

Rispetto al fruitore, che cosa pensa che serva in Italia?
La danza ci insegna a vivere e tanto altro. In teatro non si guarda più con attenzione e in silenzio. Non riusciamo ad apprezzare le cose belle… non c’è più rigore, rispetto, perché questo non lo vediamo più. Il teatro rispecchia proprio quello che siamo. Il danzatore rispecchia l’animo del fruitore e viceversa. È una catena: i cambiamenti partono da queste cose, dal basso non dall’alto, proprio dalle fondamenta quelle che mancano. Facciamo chiarezza, facciamo tornare i colori con cui siamo nati non ci facciamo uccidere dal senso comune che ci sta omologando. La vostra fantasia, le vostre idee, i vostri sogni non quelli degli altri. Abbiate il coraggio di indossare i colori! È una Legge universale… tutti gli altri seguiranno!

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