fbpx

 

“La maestra di danza e le swifferine”!!!

 

piccola-in-tutu

Ci provo sempre e succede esattamente il contrario. In questo periodo metto il maglioncino e si crepa di caldo, metto una camicia e congelo, scendo da uno scalino e mi storco una caviglia, dormo male e la mia colonna vertebrale decide di farmela pagare in eterno.

La vita stessa è intrisa di cose che vanno dalla parte opposta al suggerimento che il nostro buon senso ci sussurra in un orecchio.
Ora entrando in una sala di danza, non abbiamo infatti neanche noi, docenti di questa disciplina artistica, (qualsiasi disciplina, comunque; QUALSIASI!), non abbiamo nessuna sicurezza che le persone che dovrebbero eseguire il passo che si sta studiando, lo facciano con la precisa intenzione, intensità e forma con cui noi lo abbiamo pensato e poi meticolosamente fatto vedere: che poi vorrebbe pure significare spiegato fino allo sfinimento.
Ma cosa accade quando la brava maestra di danza mostra un movimento?

L’esecuzione da parte delle allieve ha tre temibili ma possibili sviluppi, che noi faremo rientrare in due maxi sistemi come forma estrema di semplificazione:
1) Il movimento BLANDO. Esso è dotato di un’agghiacciante approssimazione per quanto riguarda la forma e nessun tipo di dinamica, forse a ben cercare un po’ di inerzia.
L’insegnante pensa: “Sta veramente pensando di danzare? Sta vendemmiando, forse? Si sta raccogliendo in sé stessa, poi dorme? Dove ho sbagliato? A quanto la fanno la cicuta al chilo?” In un crescendo di pensieri negativi verso se stessi, gli altri, la flora e la fauna tutta.
2) Il movimento STECCHITO. Esso si connota con un irrigidimento semi-post mortem che viene smentito solo da alcuni battiti di ciglia irregolari e qualche stilla di sudore, rara. Anche qui la forma non assomiglia neanche lontanamente al passo mostrato, (forse più a qualche graffito paleolitico), mentre invece la dinamica è pari quella che potrebbe avere una persona colpita da un fulmine primaverile. L’insegnante pensa: “Ora si stronca!
Ora spacca il linoleum/parquet!
Ora attirerà su di sé l’ira di Tersicore e dell’INAIL!
Verranno a prendermi e mi incideranno una lettera S sul petto!”
Il movimento NONSO-NONRICORDO-NONDICE: esso non-è.

L’allieva/o stava bellamente pensando ai fatti propri, agli sbalzi ormonali, ad amici, a matematica, a quella maglietta con sopra Minnie che danza lo Schiaccianoci. Oooh, lo Schiaccianoci! Ehi, ma sono a danza!!? Maestra non ho capito! L’insegnante progetta viaggio in Tibet.
Certo però facile, prendere in giro fanciulle/i appassionate/i che ci provano e riprovano, giusto per il piacere di raccontare un dramma pedagogico; si insomma, diciamo una piccola vendetta, che è bene specificare: mentre noi esclamiamo a voce alta, “Eh!?”, le nostre allieve/i sanno perfettamente dalle nostre facce che c’è qualcosina che poteva esser fatta meglio.
Non solo dalle nostre facce!!!

piccoline-scuola di danza

La postura, che presenta una considerevole gobba che prima non c’era, il fumo dalle orecchie verdolino e un effetto brisé alla chioma sono segnali poco ignorabili. Qualcuno ha provato a fischiettare “Cake by the ocean”, poi però al saggio di fine anno gli è toccato il ruolo del bastoncino di pesce nella ripresa della “Sirenetta”, OVVIA!!!

Quindi, ci siamo chieste la Stef e io perché succeda questo.
Forse perché una delle piacevolezze della danza sta nel non volere e potere mostrare la fatica. Questo per chi impara per emulazione non è semplicissimo da capire.
L’uso muscolare non è sempre legato alla forza o all’intensità, ma spesso all’utilizzo di un singolo muscolo diciamo più attivo, con tutta una serie di altri che semplicemente sostengono senza irrigidire.

Ecco, ci direte voi, ma come si fa a insegnarlo oppure ad apprendere la giusta forza o lo sforzo che è necessario fare?
Noi amiamo chiedere di pensare allo scheletro, (si tra poco… E’ Halloween, invece. Evviva siamo in tema!); al fatto di poter spostare le ossa. Questo, oltre ai muscoli di tenuta che garantiscono un asse anche con repentini spostamenti di peso. Insomma lo SCHELETRO con tutte le sue 206 ossa supportate da FASCI MUSCOLARI ATTIVI dovrebbe donare il giusto sforzo e la giusta forma al movimento. Cioè la FORMULA MAGICA c’è e non l’abbiamo inventata noi due, eh!
La strada complementare è insegnare a “sentirsi”. Insegnare la PROPRIOCEZIONE, avere la consapevolezza del corpo, dello sforzo e della forma. Di questo parleremo un’altra volta.
Buon fumetto verde dalle orecchie a tutti e vi scriviamo dal Tibet.

chauvire

Salutiamo e ringraziamo tanto Yvette Chauviré, alla quale dedichiamo questo articolo e alla quale pensiamo come esempio,
Merci!

Margherita Mana e Stefania Sanlorenzo

Related Posts