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Corre l’anno 1970 quando un nuovo movimento culturale denominato hip-hop inizia a prendere vita nelle comunità Afro-Americane e Latino-Americane del Bronx, quartiere di New York. 

Il cuore dell’hip-hop è da ricercarsi nel fenomeno dei Block Party, ovvero feste di strada in cui i giovani afroamericani e latino americani interagivano suonando, ballando e cantando. Parallelamente il boom del graffiti writing contribuì a creare un’identità comune in questi giovani che vedevano la città sia come spazio di vita sia come spazio di espressione.

Negli anni 1980, gli aspetti di questa cultura hanno subìto una forte esposizione mediatica varcando i confini americani ed espandendosi in tutto il mondo. Il riflesso di questa cultura “urbana” ha generato oggi un imponente fenomeno commerciale e sociale, rivoluzionando il mondo della musica, della danza, dell’abbigliamento e del design.

Per quanto riguarda il mondo delle discipline artistiche e in particolare della danza, il fenomeno dell’hip-hop ha come massima espressione la nascita di un nuovo stile: la breakdance (vero nome B-boying o Breaking). Questa danza non-accademica (opposta a quella classica) nasce dalla creatività di giovani che avevano avuto problemi con la società e con un passato di sofferenza alle spalle, e si traduce in una forma di ribellione espressa in movimento e musica all’interno di contesti popolari (il “ghetto”).

Verso la fine del XX secolo la breakdance si è diffusa a macchia d’olio in tutto il mondo, evolvendo la sua tecnica con mosse sempre più spettacolari, e associando la sua pratica ad un vero e proprio stile di vita incentrato sull’accettazione e la crescita in relazione alle capacità che si dimostrano.

Nonostante la forte popolarità del breaking abbia subìto un calo intorno agli anni ‘90, è rimasto comunque un fenomeno tradizionale per il grande pubblico, mantenendo una certa esposizione mediatica che ha garantito una continuità di interesse, per quanto in una percentuale minore.

Dal 2002 si verifica una “rinascita” della breakdance, che alla ribalta in tutto il mondo e va ad interessare in maniera significativa anche una dimensione apparentemente estranea: quella cinematografica.

Numerosi film moderni e mainstream hanno alla base delle loro sceneggiature la danza e in particolare la breakdance: un esempio del tutto attuale è l’imminente uscita nelle sale – il 16 Marzo 2011 – di “StreetDance 3D”

Questo excursus nel mondo della breakdance si conclude con una riflessione e con dei quesiti rivolti a tutti voi: per il suo status “non accademico” e “street”, la breakdance è vista come l’antagonista della danza classica, che si fonda su principi esattamente opposti.

Ma è veramente agli antipodi rispetto ad essa?
Pensate che questi due mondi siano inconciliabili?

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