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di Margherita Mana

Busso alla porta di uno stanzino gelido e penso che se lo aprissi, avrei la certezza di beccare babbo Natale in mutande. E’ gelido davvero, come solo un ripostiglio sa essere, che al polo a confronto bevono margaritas sotto una palma artica. Sono la renna preposta, simbolicamente intendo, a prelevare Babbo Natale e portarlo in scena dove ci sono le ragazze che danzano e lo stanno aspettando. L’ho pre-allertato due volte; mi ha detto che non c’è problema ed è pronto. Appena sento la musica giusta, mi fiondo davanti allo stanzino e busso (con il retro pensiero che vi ho già detto) lui esce ed è effettivamente pronto; la pancia vera spunta dal costume finto e si sistema l’automatico per farla sparire dietro un sipario di panno rosso e pelliccia sintetica. E’ proprio lui, le bambine impazziranno per quelle gote e per il sacco di caramelle che porta con sé. Gentilmente chiedo lui di seguirmi ma incontra una bimba di circa due anni che lo guarda con l’espressione dubbiosa di chi sa di averlo già visto da qualche parte ma non sa bene dove. Questa indecisione costringe Babbo a fare sconcertanti rivelazioni riguardo alla sua vita che neanche a Verissimo: le racconta le asperità della vita al polo, la difficoltà di posteggiare la slitta, i diverbi con la befana e altre cose molto importanti che la bimba archivia con un enorme sbadiglio. Sgrano gli occhi e lo acchiappo per un braccio mentre sento la musica che prosegue e immagino i ragazzini in scena spaesati. “Dovremmo proprio andare, scusa bimba, dopo ripassiamo e Babbo ti insegna ad impagliare le renne morte di ansia.” Sorriso, buffetto alla giovane fan e faccio strada al nostro eroe in platea, placcando tre mamme e una bisnonna posteggiata in doppia fila senza frecce, lo spingo infine verso lo spazio scenico e la sedia preposta. I ballerini mi guardano con sollievo e stupore mentre inizia davvero la festa di Natale. Ma c’è tutto un pregresso.
Del saggio di Natale abbiamo ampiamente parlato con la Stef in altri articoli, ed io lo sottovaluto sempre un po’ perché penso che sia semplicemente una sorta di saluto informale da fare con i genitori e gli allievi: alla festa che è sempre praticare la danza, aggiungiamo dei testimoni. I ragazzi per dire la verità sentono molto la tensione, giacche è spesso la prima esibizione dopo le vacanze e combinano una serie di casini infiniti che normalmente non farebbero; non parlo solo della performance, proprio di tutto il resto.
Quindi abbiamo cominciato questa giornata con una delle più grandine che mi chiede: – Possiamo mettere un rossetto UN PO’ ROSSO, visto che è Natale, Marghe?
Ma certo, che ci sarà di male in un po’ di rossetto ros… Tante piccole Madonna nel periodo “Isla Bonita”! Qualcuna esagera col fard creando quel simpatico effetto grappino che piace molto ai nonni nei dì di festa, dopo la polenta concia.
E poi il clou! Ti guardi intorno e vedi chignon che paiono siepi potate a fogge rococò. Ma tu non ti arrendi! Respirazione profonda, registrazione mnemonica di campane tibetane, goodvibe. Se non dovesse funzionare nulla, io ripasso il calendario di frate Indovino e il ricettario di suor Germana insieme incrociando santi e soufflè, la tabellina del nove versione rap e alla fine riesco a sgombrare la mente da maledizioni apocalittiche rivolte al genere umano nella sua interezza! Cominci a disfare e rifare e a poco a poco capisci che è una battaglia persa. Si perché in testa hanno delle forcine corte corte (CORTE) e delicate (fatte di BAVA DI LUMACA suppongo): le suddette si piegano semplicemente alzando il volume dello stereo e sono l’ideale per fare i fenomeni con gli amici fingendo di deformarle con la forza del pensiero, mentre la vera magia sarebbe quella di farle rimanere della forma originale! Su ogni testa cinque forcine, dico cinque e una molletta aperta. Prendo appunti mentali: “A giugno comprerò ottomila forcine di tungsteno temprate al fuoco nel regno dei nani, benedette da Gandalf il grigio, trasportate nella terra degli uomini da Frodo Beggins, LO GIURO!”
Delle retine non dirò nulla tranne: BUCATA E BIANCA. Ed è già un abisso di tristezza così.
La lacca rimane una categoria dello spirito, tranne quando se la spruzzano negli occhi. Volendo alzare il tiro con l’ottimismo, peraltro assolutamente ingiustificato, si potrebbe dire che viene fuori quel bel effetto smokieyes che riprende il trucco Madonna anni ’90.
Poi le guardi e sono lì, tutte felici intorno a Babbo Natale, al secolo il Rag. Brunero Filipponi in pensione, a raccogliere pacchetti, a danzare e ridere, a essere giovani e a stampare nella memoria una domenica pomeriggio diversa. Fuori ha cominciato a nevicare fitto.
Le mie maledizioni apocalittiche sono finite al loro posto: lo stanzino gelido e vuoto.
Un grande abbraccio e tantissimi auguri di buone feste.

P.S.: LE FORCINE PERO’ IL PROSSIMO ANNO LE PORTO IO, ANZI FRODO!
P.S. 2: Abbiamo pensato di farne un meme di questa cosa delle forcine: dalle condivisioni e commenti sui social ci siamo rese conto che è una questione di primaria e imprescindibile importanza, dunque per la vicinanza, vi ringraziamo sentitamente!

Marghe&Stef

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